Il parcheggio “selvaggio” integra il reato di violenza privata, sopratutto se a danno del disabile.

Il problema della sosta “selvaggia” o del parcheggio “abusivo” dell’autovettura è una piaga che affligge la vita nelle grandi metropoli. Spesso e volentieri si assistono a condotte totalmente irrispettose della libertà degli altri conducenti, con automobili lasciate in sosta in modo tale da impedire la manovra delle altre vetture od ostacolarne l’accesso ai parcheggi di proprietà. Già in passato la Cassazione si era pronunciata con fermezza sul tema; di recente la Suprema Corte è intervenuta nuovamente, affermando un principio di colpevolezza del reo a difesa – sopratutto – dei diritti dei disabili.

Il reato di violenza privata

L’art. 610 c.p., rubricato “violenza privata” è un reato a tutela della libertà morale di ogni individuo, posto che nessuno può essere vincolato nella propria autodeterminazione dalla condotta altrui. La fattispecie criminosa, infatti, si integra tutte le volte che l’agente, con violenza o minaccia, costringa taluno a fare, omettere o tollerare qualcosa. Com’è evidente, il preciso scopo della normativa è far si che l’autodeterminazione dell’individuo non sia il frutto della “violenza” o della “minaccia” altrui, ovvero che maturi in totale autonomia e sfuggendo a vincoli, ricatti o pretese di sorta. Si distingue da tale fattispecie la violenza “fisica”, la quale, di solito, è oggetto di condotte criminose di ben più grave entità (tipo il sequestro di persona).

Il reato di violenza “privata” è da considerarsi un reato complesso, dacché gli elementi costitutivi dello stesso (violenza o minaccia) possono integrare – per se soli – fattispecie di reato, nonché un reato “sussidiario”, in quanto ravvisabile tutte le volte che non si configuri, per quel determinato fatto, una qualificazione giuridica più grave. Invero, la giurisprudenza ha contribuito a sottolineare, nel tempo, l’idoneità di molteplici mezzi a integrare la fattispecie di violenza privata, purché utilizzati col preciso scopo di coartare la volontà altrui, ammettendo finanche l’ipotesi di “violenza impropria”, ovvero posta in essere con mezzi “anomali”, diversi dalla violenza / minaccia diretta e comunemente intesa, ma parimenti idonei a esercitare pressioni sulla volontà altrui e, quindi, a impedirne l’autodeterminazione (Cass. n. 11907/2010).
Proprio la fattispecie di violenza privata “impropria” ricorre nel caso in esame.

Violenza privata e parcheggio abusivo

Già in passato la Corte di Cassazione aveva annoverato, nei mezzi idonei a integrare il delitto di violenza privata “impropria”, l’uso abusivo della propria autovettura. Significativa, in tal senso, è la pronuncia della V Sezione della Corte di Cassazione, n. 48346 del 19/10/2015, la quale – esaminando la fattispecie di un soggetto che, con la sosta “abusiva” della propria autovettura, aveva impedito l’accesso al parcheggio di proprietà della controparte – annullava la sentenza di assoluzione, formulata in appello in favore dell’imputato, ed affermava il seguente principio: “…integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l’accesso alla parte lesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza privata si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione”. La Cassazione, dunque, affermava l’idoneità del mezzo in esame (autovettura) a coartare la volontà altrui (nel caso in esame: impedire l’accesso alla proprietà).

Il parcheggio riservato al disabile

È di recente salito agli onori della cronaca il caso di una disabile palermitana che, rientrata con la propria autovettura alle 10.30 del mattino, aveva trovato il posto auto a lei riservato ostacolato da altra autovettura. In particolare, nel caso di specie, il posto era rimasto occupato per oltre 16 ore, liberato soltanto alle 2.20 del mattino seguente tramite l’intervento della forza pubblica.
Con sentenza n. 17794 del 23/02/2017 la Suprema Corte di Cassazione, Sezione V, ha posto “fine” alla strenua lotta personale della parte lesa, la quale ha visto le proprie ragioni confermate in tutti i gradi di giudizio, dacché l’imputato era stato condannato prima dal Giudice Monocratico di Palermo e poi dalla Corte di appello, decisione confermata – infine – dalla stessa Corte di Cassazione.

Il caso in esame

Con la pronuncia in esame, la Cassazione confermava l’idoneità del mezzo in specie, l’automobile, a coartare la libertà di autodeterminazione altrui, in quanto a danno di un soggetto disabile con posto auto espressamente riservato a causa del particolare stato di salute. A nulla valevano le ragioni poste a difesa dell’imputato, il quale lamentava la sostanziale differenza con le altre fattispecie oggetto di precedenti pronunce giurisprudenziali, in quanto l’imputato non aveva “impedito intenzionalmente la marcia ad una vettura”, bensì occupato un generico spazio riservato ai disabili, circostanza che avrebbe comunque consentito alla parte lesa di parcheggiare in un altro spazio. Rilevava la corte, sul punto, che la specifica destinazione d’uso del posto auto occupato, riservato solo ed esclusivamente alla parte lesa, con espressa indicazione segnaletica orizzontale e verticale, invece, aveva significato impedire al singolo cittadino, cui era riservato lo stallo, di parchegggiare lì dove solo a lui era consentito lasciare il mezzo, integrando – quindi – gli elementi costitutivi del reato ex art. 610 c.p. Diversamente sarebbe stato, invece, se il posto occupato fosse stato destinato alla generica sosta dei disabili, integrando, in questo caso, la sola violazione dell’art. 158, comma 2, Codice della Strada (che punisce con sanzione amministrativa chi parcheggi il veicolo in spazi riservati alla sosta o fermata di veicoli di persone invalide). Per meglio dire: il diritto specifico della parte lesa di parcheggiare nel posto auto a lei sola espressamente riservato, veniva ostacolato dalla condotta dell’imputato, costituendo di fatto una “violenza”, per quanto impropria, idonea a coartare la volontà della signora disabile; condotta, peraltro, posta in essere con coscienza e volontà, a fronte dell’espresso richiamo della segnaletica orizzontale e verticale al vincolo succitato.

Dunque, il consiglio ai nostri lettori è quello di prestare più attenzione al parcheggio del veicolo in futuro, o si potrebbe subire qualcosa di più grave della sola “multa”.

Fonti:

http://www.repubblica.it/cronaca/2017/04/13/news/parcheggia_nel_posto_dei_disabili_condannato_per_violenza_privata-162860111/
https://www.superabile.it/cs/superabile/accessibilita/norme-e-leggi/20170413e-querela-e-procedimento-penale-parcheggio-riservato-.html
Immagine: film “Fantozzi” (1975, Rizzoli Film)

(Studio Alboreto. Nota di Gianstefano Romanelli)